Coraline è arrivata in una serata fredda. Fredda ma sorprendentemente leggera. Una di quelle sere uguali a se stesse, nella solitudine di ogni giorno e di ogni notte. Però contrappuntata da inusuali risatine solitarie nel silenzio. Risatine leggere e sciocche, da messaggi pungenti di amici lontani.
Coraline è arrivata come una di quelle macchine del futuro dei film di fantascienza. Mi ha guardata di sfuggita e demolita senza troppe cerimonie. E poi è rimasta lì, a cibarsi di me per settimane.
Ogni verso un tormento anche troppo familiare. Pezzi di storia in ordine sparso. Damiano cantava e io non gli credevo. L’ho implorato in silenzio che smettesse. Damiano masticava parole fatte di dolore e io sentivo il gelo nelle costole.
E mi sono arresa.
Ed abbiamo pianto entrambi.
Coraline mi sveglia ogni giorno per mostrarmi le mura del castello. Guarda con disdegno il mio cuore in frantumi, e riprende il lamento di questa estenuante non-vita.
Coraline ora vive qui. Senza vessilli ne’ scudi, parliamo del mare dentro, e delle onde che non abbiamo abbracciato più.